
Si stima che nel mondo i pazienti affetti da demenza siano attualmente 46 milioni e che nel 2050 triplicheranno, anche se recenti studi condotti in Nord America, nel Regno Unito e in Europa indicano che in alcuni paesi ricchi il rischio di demenza tra gli anziani è costantemente diminuito negli ultimi 25 anni. In Italia, attualmente, circa 1 milione di persone è affetto da demenza e la malattia di Alzheimer ne rappresenta la forma più frequente (50-70%), con un’incidenza annua di circa 200 mila nuovi casi; in Piemonte i pazienti ad essere affetti da patologia dementigena sono circa 70.000. Un numero sempre più crescente, determinato nell’ultimo decennio da una maggiore aspettativa di vita con un aumento di persone con Alzheimer e altre forme di demenza. Situazione che ha come conseguenza l’incremento della spesa sanitaria e un peggioramento dello stato di salute del paziente e di chi si prende cura (caregiver), cambiando gli aspetti della vita e l’accettazione dei cambiamenti di diversi aspetti della propria esistenza. Una fase della vita che mette in gioco non solo dinamiche profondamente intime e personali di chi sta affrontando questo processo, ma anche dinamiche relazionali che coinvolgono in particolare l’ambiente familiare, nello specifico viene richiesto al familiare un continuo impegno fisico ed emotivo e lo svolgimento di mansioni a volte difficili e complesse che determinano un cambiamento importante nelle abitudini di vita, mettendolo a dura prova, infatti l’assistenza al paziente demente determina nel caregiver l’insorgenza di malattie, quali depressione e ansia, legati ad un carico assistenziale non sempre sostenibile, per chi è chiamato a gestire la sofferenza legata alla sensazione di perdita e di impotenza, davanti a quella persona che fino a poco tempo prima era il pilastro affettivo della famiglia stessa.
Ed è proprio di questo che si parlerà lunedì 24 ottobre, alla sala congressi dell’Ospedale San Luigi Gonzaga 10 di Orbassano: “La malattia di Alzheimer, prendersi cura del malato e della sua famiglia”. È la famiglia che costituisce il punto di riferimento più diffuso ed efficiente per assistere a livello domiciliare le persone anziane, anche quando ad avere bisogno di assistenza è il soggetto demente. Allo stato attuale, i farmaci disponibili non sono in grado di influenzare significativamente il decorso della demenza, ma ci sono dati che supportano invece l’utilizzo di procedure non-farmacologiche che agiscono su alcuni aspetti della sindrome rallentando il peggioramento del deterioramento cognitivo e favoriscono il mantenimento di una discreta autonomia. Convegno che giunge alla VI° edizione, organizzato dall’U.V.A. (Unità Valutativa Alzheimer) dell’A.O.U. San Luigi Gonzaga da sempre attenta alle problematiche di chi si prende cura, rivolto proprio ai familiari ed alle persone coinvolte nell’assistenza e cura dei pazienti dementi.
Nel corso dell’incontro, aperto alla popolazione, verranno presentate alcune tecniche non farmacologiche applicabili al paziente con deterioramento cognitivo e verranno precisati alcuni aspetti relativi al decorso, alla clinica e alla terapia farmacologica della demenza.
(Servizio Fabio Artesi)
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