Cancerogenicità: questa parola così difficile

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Luigi Giannitrapani, amministratore delegato della Eternit Casale S.p.A. (la società cui, dopo l’ennesimo e ultimo rimescolamento dell’organigrama, faceva capo per l’appunto il solo stabilimento di Casale). Personaggio la cui presenza in aula è stata larghissimamente anticipata da altre deposizioni, nelle quali era stato nominato più e più volte come destinatario di numerose corrispondenze con i vertici aziendali. Così, il suo materializzarsi in aula come teste delle difesa suscita non poche emozioni in aula; anche perché, visti i decenni trascorsi, è probabilmente il personaggio più vicino ai vertici aziendali che possa essere sentito come testimone e non come imputato; tant’è vero che, come previsto per il caso dei testimoni per i quali possa essere rilevato un ruolo diretto nei fatti, è assistito in aula dal proprio avvocato e può avvalersi della facoltà di non rispondere.

Le conseguenze di tutto ciò sono inevitabili: il controesame di Giannitrapani da parte della pubblica accusa si trasforma in una sorta di vero e proprio interrogatorio d’altri tempi. Dalla voce della dott.ssa Panelli risuona in aula una serie di penetranti domande su storia della multinazionale, chiusura degli stabilimenti, corrispondenza pubblica e privata con Stéphan Schmidheiny, più o meno nota cancerogenicità dell’amianto.

Cancerogenicità”, parola assai difficile da pronunciare. Ve ne sarete accorti leggendo questo articolo; se n’è accorta stamattina tutta l’aula, sentendo sia il testimone sia la rappresentante della pubblica accusa impappinarsi sistematicamente al momento di pronunciarla, complice l’atmosfera più che mai tesa del controesame.

Un impappinarsi che non è certo soltanto di natura fonetica. Intorno alla cancerogenicità – o meglio, al fatto che essa fosse nota negli anni Settanta – ruota il cardine della tesi accusatoria. Questione ovviamente difficilissima da ricostruire, a metà strada com’è tra storia della medicina e storia dell’industria, sulla quale si sono spesi mesi di consulenze tecniche. E, ora che si è passati ai testimoni della difesa, la pubblica accusa ovviamente tenta con ogni mezzo di scoprire che cosa si sapesse – e che cosa si dicesse – all’interno dei vertici aziendali nell’ultimo quindicennio di vita degli stabilimenti italiani dell’amianto.

Lettere segrete; nomi di medici che non dovevano essere divulgati; i dibattiti sul progressivo divieto dell’amianto negli altri Paesi, e sul perché. A tratti, il controesame di Giannitrapani potrebbe sembrare figlio della penna di John Grisham. Tanto che il giudice Casalbore, innervosito dal ritmo così serrato, interviene più volte per segnalare la non attinenza di una singola domanda con l’oggetto della deposizione. Una deposizione che si snoda tra insistenza delle domande e riluttanza nelle risposte, tra “Lei ha detto che…” e “Non saprei: è passato tanto tempo”. Se l’autore di questa storia vera fosse John Grisham, forse non si sarebbero dovuti attendere trentacinque anni per la sua pubblicazione.

Roberto Codebò

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