
Carlo Chatrian è da pochi mesi direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Per questo, abbiamo conversato con lui per farci raccontare come vede il futuro del museo e alcuni suoi incontri illustri.
Chatrian, lei è diventato direttore da pochi mesi. Come ha passato questo periodo?
Io sono stato nominato al Museo Nazionale del Cinema di Torino a metà ottobre. Torino è una città che conosco ma precedentemente ero all’estero, è stato un ritorno in patria. Quindi devo dire che è stato piacevole. Ho trovato una città più internazionale di quella che ricordavo io. Ho frequentato l’università qua e soprattutto ho trovato un museo del cinema che è in questo spazio straordinario della Mole Antonelliana. Ovviamente qui siamo in uno spazio quasi asettico perché è un ambiente virtuale però poi c’è questa commistione tra la fantasia, l’immagine e l’azione che il cinema porta e poi l’elemento molto concreto della Mole Antonelliana con l’architettura di Antonelli e il cemento liberty neoclassico: una commistione davvero affascinante.
Lei è stato per diversi anni direttore del Festival di Berlino invece adesso si occupa del Museo del cinema. Qual è stato il cambiamento da occuparsi di cinema contemporaneo a un direttore di un museo del cinema?
Già a Berlino e prima ancora a Locarno dicevo che il cinema è sempre presente, nel momento in cui vediamo un film poco importa se questo film è stato girato negli anni venti, negli anni 30 ecc…Perché quando lo vediamo entriamo in relazione con quei personaggi, con quei luoghi, con quegli ambienti e li vediamo come se fossero parte della nostra vita. Quindi per me sono importanti le modalità attraverso cui si esplica l’attività: un festival si svolge in un periodo di tempo molto limitato come sette o dieci giorni ed è come un grande fuoco d’artificio quindi si lavora per tutto l’anno e forse a volte anche di più per arrivare a quel momento. Il museo invece è un’attività aperta 365 giorni all’anno.
Che tipo di impegno è il Museo del Cinema?
Innanzitutto abbiamo una programmazione permanente quindi da un lato è meno intensa ma sicuramente più impegnativa, perché abbiamo tutto l’anno per divertirci.

La prima grande mostra con cui ha inaugurato il suo percorso da direttore è quella di James Cameron. Che inizio è stato?
E’ una mostra che la città aspettava da tempo. Era un progetto di cui si era parlato a lungo quindi quando sono arrivato, ho subito verificato la possibilità con i colleghi della Cinémathèque Française per portare questa mostra qua e ovviamente di adattarlo agli spazi unici della Mole Antonelliana. Ecco devo dire che lo staff del Museo del Cinema, più lo staff di James Cameron, hanno fatto i miracoli perché di solito una mostra si allestisce in sei dodici mesi. Qui l’abbiamo fatto in tre mesi e abbiamo messo in piedi un qualcosa che davvero unico.
Una mostra che raccoglie tutta la storia di Cameron.
La mostra si basa sui disegni di James Cameron che è un grande disegnatore, un grande regista, un grande esploratore ma anche un allestimento unico perché per la prima volta la Mole Antonelliana, che ha una sala interna alta 65 metri, siamo riusciti a inserire delle immagini in movimento ad altezza Mole Antonelliana con un effetto davvero suggestivo.
Il suo mandato è quinquennale, che percorso vede in questi cinque anni?
Nel 2024 il museo ha toccato il suo apice in termini di visitatori è stato un anno eccezionale visto che abbiamo avuto più di 800. 000 visitatori alla Mole Antonelliana e se contiamo anche le sale dicinema abbiamo superato i 900.000. Ovviamente l’obiettivo, visto che facciamo cultura, è cercare di portarla al maggior numero di persone possibili. Poi mi fa piacere ricordare che di questi 900.000 visitatori un 10% sono studenti. Inoltre, le attività del museo si esplicano con un tempo più lungo, dunque le mostre vengono programmate con 1 o 2 anni di anticipo, quindi stiamo lavorando innanzitutto per la fine del 2025 ma anche poi per il 26 e dintorni. Abbiamo un altro progetto molto ambizioso che è quello di ripensare l’allestimento permanente della Mole Antonelliana che è molto bello ma è datato al 2000 e quindi un po’ analogico. Il nostro obiettivo è avvalerci di questa di queste possibilità offerte dalla tecnologia.
Come abbiamo detto, lei è stato per tanti anni direttore del Festival di Locarno e poi di Berlino e c’è un personaggio che l’anno scorso è stato proprio protagonista qui a Torino che è Martin Scorsese e che allo stesso tempo lei ha ospitato a Berlino. Che incontro è stato?
Per quanti amano il cinema, Martin Scorsese è una leggenda, è uno di quei registi che hanno rinnovato, se non rivoluzionato il cinema. Nella storia del cinema ci sono grandi fasi, c’è l’epoca del muto e poi gli anni 30 che viene chiamata la Golden age di Hollywood. E poi nel dopoguerra, ecco l’Italia con quel neorealismo che ha svolto un ruolo molto importante. Poi arriva la generazione di Scorsese, di Lucas, di Spielberg, che portano una ventata nuova con un’impronta molto, molto personale. Poi a noi italiani forse Martin Scorsese parla ancora di più perché molti dei suoi personaggi in qualche modo li sentiamo vicini, sia perché sono immigrati, sia perché hanno questa cosa, che è molto legata all’Italia, del senso di colpa e della purificazione dell’essere dannati. E nell’essere dannati trovano una qualche forma di bellezza, di redenzione. Quindi. E poi, per quanti amano il cinema, Martin Scorsese è una miniera di informazioni. Quindi quando è venuto qua al museo, in un modo improvvisato, ha raccontato appunto il suo rapporto con la storia del cinema italiano in particolare. Quindi è stato un piacere ascoltarlo, perché nonostante l’età ha una vitalità di spirito e ha una elasticità mentale unica.

In chiusura le chiedo cinque film della storia del cinema che suggerisce la visione.
Il film è un film che molto spesso, che per me è un caposaldo della storia del cinema è Viaggio in Italia. E’ un film che che parte dal nord dell’Europa e scende giù a Pompei, a Napoli, con Ingrid Bergman e il miracolo che la riappacifica con il suo compagno. Il secondo film è un film di Murnau ancora più vecchio ed è un film che invece viene dalla Germania: un film muto di una bellezza da far brillare gli occhi. Si chiama Aurora. Come terzo film scelgo un film d’animazione quindi prendete Miyazaki e sceglietene uno che volete: da Totoro a Il Ragazzo e l’Airone sicuramente non vi sbagliate.
Gli ultimi due film invece?
Per il quarto titolo andate sul genere. Quindi potrebbe essere Hitchcock per il thriller, potrebbe essere John Ford per il western. Io suggerisco un regista meno noto al grande pubblico che si chiama Otto Preminger e un film che che si chiama Vertigini, in originale Laura. Infine, l’ultimo film che suggerisco è un film di Nanni Moretti. Proprio qui abbiamo una cappella a lui dedicata, ma i suoi film i sono tutti bellissimi. Io proporrei, anche questo meno noto, La Messa è Finita.