Panafricanismo, panarabismo, rapporti con ex-madrepatria: memorie, osservazioni, speranze


TERZA ED ULTIMA PARTE – I rapporti con la ex madrepatria

Abbiamo già notato nelle scorse puntate che gli interessi delle ex madrepatrie si sono tutt’altro che estinti, in Africa. Ciò vero, in particolare, per la Francia: mentre infatti l’Inghilterra ha visto in gran parte trasfondere le proprie istanze ex coloniali nel rapporto privilegiato (e subordinato) con gli USA, al contrario Parigi è sempre stata assai gelosa delle proprie prerogative africane, gestite dagli anni Sessanta in poi attraverso le relazioni con gli stessi americani, nonché con l’Unione Sovietica.

Tutto ciò è però vero se si contempla la scena dal punto di vista dell’Africa, come per l’appunto abbiamo fatto nel primo episodio di questa trilogia. Viceversa, in attesa della partita di questa sera è più interessante osservare il tutto dal punto di vista della Francia.

Sul punto, bisogna subito sapere che l’immigrazione dei popoli delle Colonie nella Métropole (termine transalpino per la Madrepatria) era rigorosamente contingentato,per non dire bene spesso vietato. Il gigantesco flusso migratorio verso l’Héxagone (termine per indicare la Francia secondo la sua forma geografica, come facciamo noi italiani con Penisola o Stivale) si verifica pertanto soltanto dagli anni Sessanta in poi, da parte di persone divenute ormai cittadine dei singoli Paesi africani di origine derivati dalla dissoluzione della Afrique Occidentale Française, della Afrique Centrale Française e del controllo francese sul Madagascar.

Massima aspirazione da parte di tali immigrati era, naturalmente, l’acquisizione della cittadinanza francese: virtualmente impossibile da ottenere – come sempre – da parte dei primi arrivati (o ultimi arrivati, a seconda dei punti di vista), ma vieppiù concessa a partire dalla generazione successiva, che si identifica su per giù con i nati negli anni Ottanta. Di lì in poi, tenuto conto anche della proverbiale prolificità degli immigrati, i residenti e cittadini francesi di origine africana tendono – com’è ovvio – a crescere esponenzialmente.

Senza qui poter trattare delle problematiche sociali, delle questioni religiose e dei periodici disordini agitanti le banlieues d’Oltralpe, passiamo direttamente all’impatto di tutto ciò sul movimento calcistico. Ora, in quanto sport povero per eccellenza, il calcio è notoriamente molto praticato nelle periferie da parte degli strati più bassi della popolazione, e rappresenta dunque uno dei primi veicoli dell’integrazione degli immigrati nella società. Tutto diverso – ad esempio – dagli sport invernali, dove il costo dei viaggi, delle attrezzature e degli skipass fa sì che tra il bianco della neve e il nero (o l’olivastro) della pelle ci sia ancora un abisso… Orbene, in virtù di tali fenomeni, la Francia – al pari del resto di altri Paesi europei – si è trovata a disporre di un enorme numero di calciatori africani d’origine e francesi di passaporto. Non dovrà dunque stupire che la metà esatta della rosa dell’équipe francese presente in Qatar sia costituita da giocatori di origine africana, da Kylian Mbappé in giù.

Molto più interessante è però il notare quale sia l’origine dei migliori giocatori delle Nazionali rappresentative delle ex colonie francesi (Tunisia, Senegal, Algeria, lo stesso Marocco e così via). Non si tratta in realtà che dei…. cugini meno forti di Mbappé e degli altri calciatori francesi di colore. Anche essi sono nati in Francia ed esibiscono orgogliosamente il passaporto della République; anche essi hanno spesso giocato nella Under 21 transalpina. Poi, in vista della soglia dei 22 anni che la FIFA impone per la definitiva scelta di un’unica Nazionale maggiore in cui giocare, sono rimasti – per così dire – alla finestra. E chi non ha ricevuto una manifestazione di interesse da parte di Didier Deschamps e del suo staff ha optato per un comodo Piano B: giocare nella Nazionale del Paese d’origine dei propri genitori e soprattutto dei propri nonni, spesso ormai conosciuto – come si suol dire – soltanto in cartolina (anche se molte abitudini religiose, sociali e alimentari sono tenute assai vive da parte delle comunità africane che vivono in Francia).

Non a caso, del resto, a tutto ciò corrisponde un’inversione degli schemi classici e della relativa terminologia in materia di cambio (o aggiunta) di nazionalità. Ai tempi delle prime ondate migratorie, si parlava di “tunisino naturalizzato francese”; adesso invece si parla di “francese naturalizzato tunisino”. La cittadinanza francese è posseduta dalla nascita; quella del Paese d’origine di genitori e nonni, se non ancora posseduta, viene ottenuta a tempo di record in una con l’opzione di giocare nella Nazionale di quel medesimo Paese.

Tutto ciò – ça va sans dire – trasforma Francia-Marocco di questa sera in una sorta di derby a livello nazionale. Come a Roma vi sono notoriamente quartieri giallorossi e quartieri laziali, così stasera saranno tendenzialmente per i Bleus gli arrondissements centrali di Parigi; la parte più elegante della prima cintura della Capitale (la cosiddetta Petite Couronne, giusto al di là del Périphérique); i dipartimenti pirenaici, atlantici e centro-settentrionali a patto però che si sia lontano dalle grandi agglomerazioni urbane e industriali, come ad esempio l’area di Lille. Al contrario saranno tendenzialmente pro Marocco – e pro Africa tutta – le banlieues più profonde e soprattutto vastissime aree del Midi, con certi sobborghi di Marsiglia nei quali qualcuno potrebbe sentirsi spaventato a sventolare il Tricolore in caso di vittoria Francese.

Della Nazionale marocchina approdata alle semifinale dei Mondiali fa parte anche Walid Cheddira. E’ nato a Loreto, 47 chilometri da Jesi, paese natale di Roberto Mancini. Ha passaporto italiano e passaporto marocchino. Ha atteso di vedere se il suo illustre corregionale mostrasse qualche interesse nei suoi confronti, poi ha scelto di giocare per il Marocco. Chi tra i miei venti lettori italiani abbia creduto sinora di aver letto cronache di politica estera, è invitato a prendere appunti…

Roberto Codebò

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