
Il Viaggio del Papà arriva a Torino al Teatro Gioiello il 18 e 19 aprile. Uno spettacolo totale e divertente sul rapporto genitori-figli e su una distanza forse ancora possibile da colmare. Ne abbiamo parlato con il suo autore e interprete: Maurizio Casagrande, che ci ha raccontato anche alcuni aneddoti molto divertenti sulla sua lunga carriera.
Il Viaggio del Papà è uno spettacolo divertente su un tema molto attuale: il rapporto genitori-figli.
Si, padre e figlio partono per un viaggio perché decidono di conoscersi un po’ meglio, ma naufragano su un’isola in mezzo all’oceano. Quest’isola, però, non è un’isola come tutte le altre, perché è un’isola di plastica come purtroppo esistono realmente, anche se non sono delle vere e proprie piattaforme. Il racconto è costruito su una vera e propria isola, tutta fatta di plastica, di residui di plastica raccolti dalle correnti e lì incontrano una serie di esseri magici, come in Sogno di una notte di mezza estate. Qui, i due capiranno che devono avere un rapporto diverso con l’ambiente, con il mondo in cui vivono e quindi è uno spettacolo che ha un profondo spirito ecologico.
Secondo te, come è cambiato il rapporto tra i genitori e i figli negli ultimi decenni?
Io non ho figli, ma so come funziona perché vivo i giovani, soprattutto i giovanissimi, per lavoro ma anche per il piacere di avere a che fare con menti fresche che hanno idee nuove, alcune volte interessantissime. Io ho notato che c’è poco ascolto. Diciamo che si è perso completamente, credo, il vantaggio dell’essere così diversi. Io vengo da una generazione nella quale c’era il concetto che il vecchio era quello che sapeva e il nuovo era quello che sperimentava e che voleva cambiare le cose, ma entrambi si rispettavano. Oggi il vecchio viene visto come una specie di rudere, un essere inutile che diventa solo un peso. E c’è il giovanilismo a tutti i costi, per cui essere giovani equivale ad essere in gamba.

Forse non è sempre cosi…
E non è così, perché non è la gioventù che ti dà le capacità: puoi essere un giovane capace o un vecchio capace. E se sei un incapace sei un vecchio o un giovane incapace. Quindi non è l’età che cambia le cose.
E cosa consiglieresti?
Credo che ci vorrebbe molto più ascolto. Dobbiamo imparare a conoscerci, a capirci, ad accettare ciò che non sappiamo. E questo spettacolo fa proprio questo: cerca di dare la capacità di vedere oltre i propri orizzonti e capire che c’è un orizzonte più lontano che alcune volte è più importante di quello che invece noi vedevamo.
Lo spettacolo mette insieme anche varie arti: la recitazione, la musica, e anche la danza.
Assolutamente sì, perché io credo che il teatro sia uno dei luoghi più multimediali e moderni che esistano, perché senza snaturarsi, il teatro può accettare qualunque tipo di arte: dalla iper-tecnologia alle costruzioni in legno fatte a mano. Va tutto bene per il teatro perché il teatro è multimediale proprio nella sua essenza.

Eppure il teatro non sempre viene visto in questo modo.
Questa è una cosa che andrebbe molto ben spiegata ai giovani che invece lo vedono come una cosa un po’ antiquata, come una sorta di museo. Invece è un luogo dove possono accadere cose interessantissime e in più io negli ultimi anni ho fatto un incontro importante nella vita con un’amica cantante che adesso è la protagonista femminile dello spettacolo, e ha una fortissima valenza cantautoriale. Quindi da questa collaborazione sono venute fuori tre bellissima canzoni, di cui una è la soluzione dello spettacolo, e io trovo che la possibilità di usare la canzone, intesa come fatto emozionale sia musicale che poetico, ci dà la possibilità di raccontare in tempi brevissimi cose che invece con la prosa dovresti raccontare in tempi molto più lunghi e qualche volta noiosi.
C’è una tua dichiarazione che mi ha colpito, dove dici “A me non interessa l’applauso solo per compiacermi, ma solo se è gradito e sincero”. Cosa volevi intendere?
Io purtroppo sono molto empatico. Quindi io lo sento quando, e mi è capitato nella vita, ricevo un applauso di cortesia, infatti quando l’applauso è sentito è tutta un’altra cosa. Io credo che il pubblico debba far sentire il proprio gradimento, perché se un artista sta facendo qualcosa di bello, è giusto che il pubblico sia entusiasta e felice di quello che sta vivendo e lo dimostri. Ma se invece chi sta sul palco sta facendo qualcosa di non bello, noioso, scadente, fatto male? Insomma, qualunque sia il motivo per cui non c’è gradimento, secondo me il pubblico ha il dovere di far sentire anche questo, anche perché può servire a un artista a aggiustare il tiro, no?
Quindi il pubblico deve essere schietto e sincero.
Si perchè se invece si dice “bravi” a tutti semplicemente perché hai una carriera che ti ha permesso di arrivare a un certo punto e poi rischi anche di allontanarti dal giudizio del pubblico e di perderti diventando anche molto peggio di come eri.

Quest’anno ricadono i 30 anni di uno dei tuoi più grandi successi a teatro: E fuori nevica, uno spettacolo scritto e diretto da Vincenzo Salemme e che vedeva in scena anche Carlo Buccirosso e Nando Paone oltre a te. Che ricordi hai di quel periodo?
Beh, insomma, è stato un lavoro importantissimo il nostro viaggio insieme. Quel momento è stato bellissimo. Ti posso raccontare un aneddoto particolare: quelli erano proprio gli anni in cui dovevamo faticare tanto perchè eravamo sconosciuti e giravamo tutta Italia con questo spettacolo che aveva molto successo nonostante non fossimo popolari. I teatri ci volevano, insomma funzionava, ma eravamo molto affaticati e una sera abbiamo fatto la gara a chi aveva la febbre più alta perché praticamente avevamo preso l’influenza tutti e tre (io, Vincenzo Salemme Carlo Buccirosso). Quella sera credo che vinse Vincenzo con 39.2.
Infine, ti chiedo perchè inviti il pubblico di Torino a vedere il tuo Il Viaggio del papà.
Io credo che la gente abbia bisogno di divertirsi e questo è uno spettacolo mostruosamente divertente perché fa tanto ridere. Lo dico senza tema di essere smentito perché le risate sono continue e fragorose, ma nello stesso tempo non solo è uno spettacolo divertente, ma è uno spettacolo che non ti fa sentire il senso di colpa di aver solo riso e di aver perso in qualche modo una serata. È invece una serata che ti lascia una bella emozione e soprattutto un pensiero.
Insomma uno spettacolo che ti arricchisce…
Proprio ieri sera c’erano gli organizzatori della serata, fatta vicino Napoli, che mi dicevano: “ma che meraviglia sentire il pubblico che andandosene dice grazie, non mi aspettavo che uno spettacolo divertente fatto da Maurizio Casagrande, che è comunque un comico, invece mi lasciasse un pensiero che andrò a casa e ne parlerò con gli amici”. Quindi penso che sia un ottimo motivo per passare una serata fuori casa a teatro, che è un luogo bellissimo in mezzo a persone che non conosci ma che potresti conoscere grazie al fatto che avete un interesse comune. Quindi ci sono tutti i motivi per uscire e venire a teatro.