
D: la tecnologia ci rende più sicuri del presente e del futuro?
R: Un paradosso della trasformazione tecnologica è quello di generare maggiore insicurezza. Più il mondo è immerso nella tecnica e più l’ambiente che ci circonda è tecnologico più gli essere umani, continuamente richiamati da qualche novità a cui devono adattarsi, si sentono camminare sul filo.
Se, infatti, può essere stimolante per chi è giovane per chi lo è da più tempo tutto diventa un continuo imparare ed adattarsi. Questi processi non avvengono per chi non è nato in questo tipo di mondo con naturalezza ma sono sempre occasione di fatica e di sforzo.
Ulrick Beck, un sociologo tedesco, l’ha definito manufactured uncertainty, ossia «il risultato dell’abilità scientifica, tecnica e industriale dell’uomo nella sua fortunata conquista delle forze della natura». Qualcuno l’ha chiamata la società del rischio dove «si vive in modo sempre crescente proiettati verso le frontiere dell’alta tecnologia, che nessuno può completamente conoscere e per le quali alcuna istituzione può ritenersi totalmente responsabile».
D: Tutto questo quali conseguenze ha per tutti noi?
R: Ci troviamo a dover essere o desiderare di essere esperti di molte cose e settori di cui forse non avremmo avuto nessun interesse. I nostri nonni sapevano bene di alcune cose, il loro specifico settore di lavoro e poi avevano quelle nozioni di base sufficienti al buon vivere. Oggi ci è chiesto di avere, tutti, molte più nozioni per ben vivere, siamo diventati la società della conoscenza con una grande fame di saperi. Come reagiamo? Il sapere sembra essere alla nostra portata, di click, ma è davvero così? Abbiamo bisogno di sapere, ma di qualità.
Non ogni sito è fonte di conoscenza, non tutto quello condiviso sui social è affidabile. Nella società di rischio non è intelligente assumersi ulteriori rischi, di qui la buona norma di verificare le notizie, di affidarsi di più ai siti delle istituzioni che all’ultimo post del nostro vicino di casa, ottima persona ma forse non il migliore esperto in ogni campo.
A presto, alla prossima settimana, ed in alto il cuore.
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