Le stime sul settore di Carlo Furgiuele, direttore organizzazione e partnership di Djungle Studio.
Ogni giorno dalle 12 alle 14, solo in Italia vengono consumati 4,5 miliardi di pasti. Ma in due anni di pandemia, lockdown e lavoro flessibile gli stili alimentari sono cambiati e anche il modo in cui le diverse esigenze vengono soddisfatte. Basti pensare ai nuovi stili di vita dei consumatori, in particolare Millennials e Gen.Z e l’attenzione su temi quali la personalizzazione alimentare, la sostenibilità e la tracciabilità dei
prodotti.
L’Osservatorio CIRFOOD DISTRICT rileva che l’83% dei lavoratori è molto attento alle proprie scelte alimentari, ma evidenzia anche ciò che la nutrizione rappresenta per le persone. Solo una percentuale minoritaria (12%) la associa a una mera necessità vitale. Per molti italiani, al contrario, l’alimentazione rappresenta felicità e soddisfazione (32%), un momento di convivialità (29%), un modo per prendersi cura
di sé e per fare prevenzione (27%). Tra i “desiderata” anche la presenza di portate pensate per soddisfare i diversi stili alimentari (60% e 47%) e per chi soffre di intolleranze (64% e 39%; Ricerca NOMISMA CIRFOOF). Ma come soddisfa il mercato questi bisogni e quali sono i player che stanno cavalcando questa opportunità?
Ovviamente le soluzioni più comuni sono bar, tavola calda e ristoranti utilizzati da oltre un terzo dei consumatori, seguiti dalla schiscetta (circa 16%), dalla mensa e dall’asporto nelle sue diverse declinazioni (circa l’11%) (secondo la ricerca FIPE 2019). Ovviamente accanto a queste modalità, per così dire tradizionali, il delivery si è imposto come un’opzione sempre più utilizzata tra le alternative possibili. Come è noto, i BIG del delivery hanno trovato enormi difficoltà nello stabilirsi nel Paese con un modello sostenibile. I motivi si possono trovare nell’applicabilità di un modello on demand dove la massa critica è difficile da raggiungere.
Inoltre, non sono stati in grado di affrontare la contrazione del mercato dopo il lockdown e le normative sui rider che hanno influito sui costi. C’è da dire che il delivery non è tutto uguale, le dinamiche del pranzo e della cena sono totalmente diverse. Quindi i Big che lasciano il paese sono una buona notizia o la dimostrazione che l’opportunità non c’è? Carlo Furgiuele, direttore organizzazione e partnership di Djungle Studio, il Venture Builder che ha lanciato il servizio MAMMT, stima che nei prossimi anni questo nuovo segmento/canale della pausa pranzo possa valere una quota del circa 9% del mercato delle grandi città. Questo significa che i canali smart che puntano alla personalizzazione e a soluzioni healthy e consegnate a casa o lavoro avranno un mercato di circa 400 milioni. MAMMT, visionaria su questo scenario, è stata lanciata 2 anni fa, raddoppiando il fatturato e stabilizzandosi su Torino e Milano con un sistema intelligente che usa l’AI per studiare e preparare per ciascun utente un pranzo personalizzato, creato sulla base delle preferenze alimentari specifiche, ogni volta diverso per garantire una dieta sana e bilanciata. Utilizzando il suo algoritmo che permette di ottimizzare la logistica e rendere più sostenibile ciascuna consegna, MAMMT, offre una innovativa soluzione a centinaia di utenti per la propria pausa pranzo. Come lo fa?
Al contrario di altri modelli, MAMMT non ha investito su asset fisici come le cucine ma lavora con una rete di partner locali (ristoranti e dark kitchen) per valorizzare asset già presenti. Conosce i suoi utenti alla perfezione e può ottimizzare risorse, prevedere esigenze e offrire una proposta sempre puntuale. “La collaborazione, spiega il dott. Carlo Furgiuele, tra ristoranti e piattaforme di consegna sta creando un nuovo ecosistema di ristorazione, dove l’accessibilità e la qualità vanno di pari passo”. MAMMT nasce da Djungle Studio, lo startup studio torinese nato dall’acquisizione da parte di Planet Smart City con l’obiettivo di creare imprese dal modello di business disruptive e offrire servizi digitali che hanno un impatto positivo sulla vita di chi li utilizza.
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