Parliamo di libertà di fronte alla tecnica e nella tecnica, come possiamo dirci liberi in una società tecnica?
Bentrovati. Possiamo partire dal computer, lo strumento tecnico che ha cambiato la vita sul pianeta negli ultimi decenni. Sappiamo più o meno come funziona, ma non sappiamo affatto che risvolti comporti nella società un suo uso massiccio. È uno strumento ambiguo e solo ora, dopo un bel po’ di anni, possiamo vedere alcuni degli effetti consistenti, buoni e meno buoni che ha generato. Questo è un punto centrale: le innovazioni tecniche diventano presto planetarie ed incidono sulla nostra vita profondamente, senza che però sia possibile saperlo prima, prevederlo. Proprio perché sono innovazioni che non ci sono mai state e, quindi, non sappiamo bene come si comporteranno, come noi ci comporteremo con loro. Per poter giudicare ci manca esperienza reale, e non è possibile averla, ovviamente.
E dunque?
Dunque dobbiamo ribaltare il piano: per essere liberi non dobbiamo aspettare dai ricercatori delle innovazioni e poi fare tutti noi da cavie su quello che avverrà. Dobbiamo piuttosto noi chiedere ai ricercatori di occuparsi di questo o di quello in modo tale da avere e dare uno scopo alla ricerca ed alla tecnica. La vera libertà è decidere insieme quali sono i problemi che vogliamo siano risolti, quali sono i temi che davvero ci stanno a cuore.
Come può avvenire questo?
Dando alla politica nel senso più alto del termine e del valore il posto che merita. Se la politica è tecnica di amministrazione non sarà mai capace, se la politica torna ad essere visione del futuro allora questo sarà possibile. La tecnica come serva, non come scopo. Qui è la libertà. A presto ed in alto il cuore!
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