Casa Scaccabarozzi è nota come la “Fetta di Polenta” ed è un edificio storico nel quartiere Vanchiglia tra corso San Maurizio e via Giulia di Barolo. Deve il suo soprannome ad alcune caratteristiche che la contraddistinguono, il suo colore ocra, la pianta trapezoidale e l’esigua profondità, solo 54 centimetri.
Fu progettata da Alessandro Antonelli e deve il suo nome ufficiale al cognome della moglie, Francesca Scaccabarozzi. La coppia visse nella casa solamente qualche anno per poi trasferirsi in un edificio adiacente sempre progettato dallo stesso Antonelli.
L’edificio si trova nel quartiere Vanchiglia sorto per volere dei marchesi di Barolo, quartiere che precedentemente era detto “del moschino” poiché gli insetti provenienti dai vicini fiumi, Po e Dora Riparia, erano molto numerosi.
L’Antonelli progettò diversi edifici nel quartiere e come compenso gli fu dato proprio il terreno, un’area esigua, nel quale costruì poi la Fetta di Polenta. Non riuscendo ad acquistare quello adiacente dovette ingegnarsi per progettare una costruzione che avesse un’area tanto piccola.
Quindi per sfida o per scommessa decise che, non potendosi allargare nella progettazione, avrebbe sfruttato l’altezza e l’edificio fu fatto costruire di ben 9 piani (due dei quali sotterranei) ed immaginato per diventare ‘da reddito’ realizzandovi un appartamento per piano.
L’edificio prese forma in diversi momenti, inizialmente furono costruiti i primi 4 piani nel 1840, poi altri due e, successivamente nel 1881, l’ultimo come ennesima prova di abilità tecnica, mentre al piano terreno fu ospitato il Caffè del Progresso, storico ritrovo di carbonari e rivoluzionari.
Antonelli dedicò il palazzo alla moglie Francesca con la quale vi si trasferì ad abitare per qualche anno per allontanare i dubbi riguardo la sua stabilità in quanto era inimmaginabile, rispetto alle conoscenze del tempo, che potesse mantenersi stabile.
A riprova dell’affidabilità concorse il fatto che fu capace di resistere a diversi accadimenti, l’esplosione della regia polveriera di Borgo Dora del 1852, il sisma del 1887 ed i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, circostanze che danneggiarono invece gravemente gli altri edifici della zona.
Intorno agli anni 80 del 1900 si operò una prima ristrutturazione a cura dell’architetto e scenografo Renzo Mongiardino che ne fece un’unica unità abitativa.
Visse poi circostanze varie, un’altra ristrutturazione interna e un restauro conservativo.
Tra il 2007 e il 2008 gli interni sono stati integralmente ristrutturati cercando di mantenere gli elementi architettonici originali e alcuni di quelli realizzati da Mongiardino. Tra questi una nicchia che accoglieva una straordinaria ed insolita vasca da bagno in muratura rivestita a mosaico posta in cima all’ultima rampa di scale, mentre al secondo piano interrato si trova il bagno turco. È stata anche il contenitore dei progetti della galleria di Franco Noero ma dopo il 2013 è tornata ad essere un’abitazione che ospita al suo interno installazioni di arte contemporanea visitabili privatamente.
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