Don Peyron: “Le cyberguerre possono portare alla perdita di vite”


D: Sentiamo ogni tanto di attacchi digitali, di cyberguerra, ci dai qualche indicazione?

R: Le guerre che si combattono anche nel mondo digitale, non meno cruente di quelle a cui siamo abituati e nei confronti delle quali possiamo chiederci quali siano i confini morali adeguati, dove si collochi la legittima difesa, quando la violenza informatica è un mezzo necessario. Un mondo sempre più legato alle informazioni di tipo digitale è in effetti passabile di danni ingiusti attraverso la manipolazione di tali informazioni, danni che possono significare anche la perdita di vite umane. Per questo esiste un diritto alla legittima difesa degli stati attraverso guerre informatiche. Il governo Obama nel 2011 ha addirittura previsto che le rappresaglie contro gli attacchi informatici possono assumere la forma di attacchi con mezzi militari convenzionali.

D: Ci sono dei criteri? Quando agiscono le nazioni?

Una domanda cruciale è se tutti gli attacchi informatici debbano essere qualificati nel medesimo modo, se sono cioè tutti paragonabili ad un attacco cinetico convenzionale e chi sia in grado di giudicare un attacco informatico stante le sue caratteristiche immediatamente computazionali. Quanto, in altri termini, un attacco informatico è un gesto di guerra e come tale possa essere trattato anche in termini morali e da quale agente? Certamente lo è in parallelo ad un gesto di guerra convenzionale, ma più complessa la questione quando è solo un atto informatico.

Rispetto ad un attacco convenzionale infatti l’attacco informatico non manifesta immediatamente tutto il suo potenziale distruttivo e, quindi, è più complesso valutarne la portata in termini temporali ragionevoli, cioè sufficienti ad azioni di legittima difesa, necessarie e proporzionali.

Possiamo dunque suppore che, in presenza di un attacco informatico, possa essere solo uno strumento informatico, adeguatamente codificato, capace di rispondere in termini efficaci quanto al tempo e nello stesso tempo moralmente sostenibili quando al danno, comunque ingiusto, che determina un atto di legittima difesa? Ci sono “giochi di guerra” che solo le macchine possono giocare tra loro?

Lasciando aperta la domanda è importante sottolineare che lo schermo digitale non deve far dimenticare che la guerra cybernetica continua ad essere guerra e che il gesto di premere un tasto non è un gesto meno significativo rispetto a quello di premere il vecchio grilletto, dunque non deve sfuggire a chi struttura i sistemi di difesa digitale che dall’altra parte, in ultima istanza, è un essere umano con pari dignità che subirà le conseguenze delle sue azioni per quanto mediate da strumenti sofisticati.

A presto, alla prossima settimana, ed in alto il cuore

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