
Per la prima volta viene dimostrato che l’esposizione cronica ad inquinamento dell’aria prodotto dagli scarichi di veicoli, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento, anche al di sotto delle attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea, è fortemente collegata all’incidenza di infarto ed angina provocandone un aumento di rischio. E’ l’ulteriore studio del gruppo Escape sugli effetti dannosi dell’inquinamento, appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale British Medical Journal.
Il nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Lazio e dalla Città della Salute di Torino, ha esaminato più di 100.000 soggetti residenti in 7 città di 5 Paesi europei. Lo studio stima che per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato (le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri, PM10) di 10 µg/m3 vi è un aumento del rischio di attacchi cardiaci del 12%.
I ricercatori hanno utilizzato i dati del progetto ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects, coordinato dalla Università di Utrecht in Olanda). Le concentrazioni medie annuali degli inquinanti (ossidi di azoto e particolato) sono state stimate alla residenza di tutti i soggetti partecipanti, utilizzando modelli di regressione land-use. I soggetti in studio sono stati seguiti per circa 12 anni e più di 5.000 hanno avuto un primo infarto o un ricovero per angina instabile.
In Italia lo studio è stato condotto a Roma (Dipartimento di Epidemiologia del Lazio) ed a Torino (Centro per l’Epidemiologia e la Prevenzione oncologica in Piemonte della Città della Salute e della Scienza – Università di Torino (coordinato dalla dottoressa Claudia Galassi) coinvolgendo circa 14.000 persone. Hanno collaborato allo studio numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna, del Lazio e del Piemonte.
L’associazione tra esposizione prolungata a particolato ed incidenza di infarto ed angina è stata confermata anche tenendo conto di diversi fattori individuali, come l’abitudine al fumo, lo stato socio-economico, l’attività fisica, il livello di istruzione e l’indice di massa corporea.
I risultati mostrano che il particolato è l’inquinante più dannoso, anche per concentrazioni sotto i limiti consentiti dall’attuale Legislazione europea.
Secondo gli autori della ricerca: “I risultati suggeriscono un effetto del particolato anche per concentrazioni al di sotto dell’attuale limite annuale europeo di 25 µg/m3 per il PM2,5. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone del resto come Linea Guida 10 µg/m3 ed i nostri risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone”. Sullo stesso numero del BMJ, in un editoriale di presentazione, si afferma: “Nonostante questo risultato dell’effetto sugli eventi cardiaci anche a bassi livelli di inquinamento, quasi il 90% della popolazione mondiale vive in luoghi al di sopra delle linee guida dell’OMS ”. I risultati dello studio possono essere utilizzati per le valutazioni di impatto sulla salute, finora basate solo su stime prodotte da studi condotti prevalentemente in Nord America.
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