
Una curiosa concatenazione di accidenti storici scandisce l’avvicendamento tra i primi tre telecronisti della Nazionale azzurra. Nicolò Carosio non morì il 4 maggio 1949 perché la cresima della figlia gli impedì di partecipare alla trasferta del Grande Torino a Lisbona. Ciò gli permise di… tenere a battesimo la Nazionale in versione televisiva commentandola fino alla fase a gruppi dei Mondiali messicani del 1970, quando venne accusato di aver dato del «negraccio» a un guardalinee etiope. Non sapremo mai come realmente sia andata, così come non sapremo mai cos’abbia detto di preciso Mike Bongiorno alla signora Longari; ma sta di fatto che le proteste ufficiali di Addis Abeba causarono la sostituzione di Carosio con Nando Martellini, giusto in tempo per Italia-Germania 4-3. Dopo sedici anni, durante i quali – in occasione di un altro Italia-Germania – gridò per tre volte “Campioni del Mondo”, Martellini fu costretto a cedere lo scettro nello stesso luogo in cui l’aveva ricevuto, ed altrettanto inaspettatamente. Nel 1986, già giunto a Città del Messico per il secondo Mondiale nella terra degli Aztechi, Martellini dovette rientrare in patria causa – pare – malori da altura. Sin dalla gara inaugurale di quel Mundial telecronista azzurro divenne pertanto Bruno Pizzul da Udine, classe 1938.
«Signori all’ascolto, siete collegati in diretta con lo stadio di San Siro, dove sta per avere inizio l’incontro di calcio…». In epoche in cui il rigidissimo protocollo della TV di stato imponeva formule di questo genere, ciascun telecronista riusciva comunque a creare un proprio stile personale. Aprendo il collegamento, Martellini si sarebbe ad esempio rivolto non ai signori all’ascolto, bensì ai telespettatori italiani. Se i lettori più giovani si fossero stupiti leggendo la formula di apertura dei collegamenti, pensino che Pizzul stesso li chiudeva dicendo: «Grazie per la cortese attenzione, a voi tutti buona sera». Una frase che oggi non si userebbe nemmeno a un funerale… Erano i tempi delle Signorine Buonasera, della sigla dell’Eurovisione con grafica anni Cinquanta, di bassissima risoluzione, poche telecamere e ancor meno replay. Le dirette delle partite di serie A sarebbero iniziate solo nel 1993; così come le gare di campionato erano tutte di domenica, le gare di Coppa dei Campioni, Coppa delle Coppe e Coppa UEFA erano tutte di mercoledì. Facilissimo capire ad orecchio se una squadra italiana giocasse in casa o in trasferta: nel primo caso, la voce di Giorgio Martino, Ennio Vitanza o dello stesso Bruno Pizzul giungeva relativamente nitida; nel secondo caso, pareva più quella di Neil Armstrong dal Mare della Tranquillità, specie quando giungeva da Oltrecortina attraverso labili collegamenti telefonici con postazioni sempre molto scomode (un luogo comune così popolare da essere ripreso persino da Walt Disney parafrasando Mario Poltronieri, il… Bruno Pizzul della Formula 1).
«Baggio, Baggio che converge, Baggio, Baggio, Baggio, finta di Baggio, tiro… Grandissimo gol di Baggioooooooooo». Nel 1986 Bruno Pizzul non aveva commentato il leggendario gol di Maradona all’Inghilterra, toccato in sorte a Giorgio Martino. Si rifece in gran parte quattro anni dopo, nel mezzo delle Notti Magiche di Italia 90, commentando il quasi altrettanto leggendario gol di Roberto Baggio alla Cecoslovacchia con questo stile molto meno protocollare di quanto visto poc’anzi, degno piuttosto dei colleghi brasiliani. Ma anche in assenza di simili eventi eccezionali lo stile di Bruno Pizzul – come abbiamo già ricordato – sapeva essere punteggiato da espressioni molto tipiche: dal “problema di girarsi” che affliggeva ogni giocatore marcato alle proprie spalle in prossimità della linea laterale, fino al leggendario “tutto molto bello”, talmente iconico da essere ripreso in questi ultimi anni sulle Pay TV come titolo di una rubrica. A quell’ultima rubrica Pizzul prestò la propria voce ormai stanca e rauca, come si conviene a un ultraottantenne che però compariva ancora in tribuna stampa nella sua Udine, dove ebbi l’onore di stringergli una mano che ormai trasmetteva i segni dell’età.
«Ci sono trentasei morti». Non avendo voluto interrompere prima una sequenza di fatti spensierati, facciamo ora un passo indietro al 29 maggio 1985. In programma allo Stade du Heysel di Bruxelles la finale di Coppa dei Campioni Juventus-LIverpool. Quella volta, il collegamento non si aprì con le formule preconfezionate di cui sopra, ma con la voce stravolta di chi doveva trasformarsi in un cronista di guerra. Ci preparavamo a scrivere il ricordo di quella tragedia in occasione del suo quarantesimo anniversario, che cade il prossimo 29 maggio. Diamo quindi appuntamento ai lettori per quella data, avendo voluto ricordare stasera soltanto che fu proprio Bruno Pizzul – dopo drammatiche esitazioni in diretta – a comunicare quello spaventoso bilancio di perdite umane, al culmine di una tanto spaventosa quando improvvisata maratona televisiva che non a caso è oggi interamente visibile su Youtube…
Una piccola ma severa maledizione delle Divinità dello sport impedì a Bruno Pizzul di gridare “campioni del mondo” al pari – come visto – del suo predecessore Nando Martellini nonché del suo successore Marco Civoli (passato per la verità alla storia per la frase “Il cielo è azzurro sopra Berlino”). Bruno Pizzul fu telecronista dell’Italia per cinque Mondiali, ma gli azzurri gli fecero dispetto vincendo quello subito prima, e quello subito dopo. Dopo la sconfitta ai rigori nella semifinale Italia-Argentina di Italia 90, Pizzul chiuse il collegamento dicendo: “C’è tristezza stasera su questo golfo di Napoli, che resta sempre bellissimo. Signori, grazie per la cortese attenzione, buonasera”. Amara improvvisazione in mezzo alle formule di rito, proprio come nella tragica notte dell’Heysel di cinque anni prima. Questa sera, quella stessa tristezza pervade chi con cortese attenzione ascoltò la voce di Bruno Pizzul per tanti anni, e si consola pensando ancora a quel grandissimo gol di Baggio.
Roberto Codebò