
Torino, ormai, è a tutti gli effetti una città d’arte. E il suo rapporto con l’arte sta diventando sempre più consolidato, come ha confermato l’ultima edizione di Artissima. Per questo abbiamo conversato con Chiara Bertola, direttrice della Gam, sulle ultime novità della galleria e sul futuro dell’arte cittadina.
Direttrice Chiara Bertola, la Gam ha riaperto da poche settimane. Che cosa presenta di nuovo la collezione permanente?
La collezione ho voluto fosse allestita in un percorso non cronologico, al contrario di come è invece stata per molti anni nella direzione precedente. Penso che mettere insieme le diverse epoche che compongono la collezione della Gam (dall’Ottocento fino al contemporaneo) fosse più interessante.
Avete cercato di dare una nuova linfa vitale.
Un’opera è sempre contemporanea, anche all’interno di combinazioni non prevedibili, anzi in quel caso l’opera d’arte vive meglio. Ogni volta si rinnova all’interno di relazioni non previste.

Che percorso avete però cercato di suggerire ai visitatori?
Intanto, la collezione è stata riallestita da Elena Volpato e Fabio Cafagna. Poi, bisogna precisare che stiamo parlando di una collezione più importanti che ci sono con oltre 45mila opere. Quindi per riuscire ad armonizzare un percorso cronologico sono state pensate alcune stanze tematiche, fortemente legate alle tre mostre che sono attualmente in allestimento.
E quali sono?
Luce, colore e tempo hanno dato le linee guida degli allestimenti. Ma poi sono emersi altri temi come il pulviscolo, la nebbia, il magma, la terra e anche ancora le luci della città, come quelle di Venezia esposte nelle opere di Maria Morganti.
Tra le novità del nuovo allestimento c’è il Deposito Vivente. Di cosa si tratta?
L’idea è nata dalla riapertura del secondo piano dopo sei anni che era stato chiuso. In questi anni qui avevano depositato le casse di alcuni quadri molto grandi che non si riuscivano a mettere in altri luoghi. Quindi quando ho visto quel piano e quelle grandi casse, ho pensato che si potesse creare uno spazio di deposito.

Un’idea sicuramente originale.
La cosa che mi ha convinto di più è stata quando sono arrivata in galleria e ho visto tutti e nove i depositi. In quel momento, ho avuto delle esperienze di visione artistica molto potente. Perchè quelle opere accantonate e posizionate in modo casuale avevano un potenziale differente che non si poteva esprimere in una classica esposizione. Un modo nuovo e imprevisto. Inoltre questo deposito è stata anche una occasione di mostrare opere che altrimenti sarebbero rimaste al buio.
Tra le mostre temporanee che troviamo in questo periodo, svetta sicuramente quella di Berthe Morisot. Come è nata l’idea di portare questa grande pittrice impressionista a Torino?
Intanto corrisponde ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Impressionismo. Poi quando sono arrivata alla Gam come direttrice (inizio 2024) c’era già una proposta del Sole24Ore su questa artista che io amavo molto e di cui non erano mai state allestite mostre in Italia. Cosi accettato di continuare con quel programma che già c’era, ma ho deciso di farlo inserendo l’intervento dell’artista Stefano Arienti, che abbiamo chiamato L’Intruso perchè ne valorizzasse l’allestimento.
Un’intrusione gentile.
Si, perchè è riuscito a non diventare lui il protagonista. In questo modo le opere di Berthe Morisot, che derivano dal Marmottan di Parigi, sono riuscite ancora di più ad esaltarsi. Poi abbiamo cercato di offrire un modo non prevedibile di fruire di questa mostra. Stefano ha punteggiato le opere di Morisot in modo soave e consonantico ed è riuscito a creare un ambiente più proprio, con la ricerca anche di un’ambientazione tipica dell’Ottocento.
A questo proposito, c’è un’opera in questa mostra di Morisot che preferisce?
Mi piacciono tutte, ma c’è un’opera in particolare che raffigura suo marito (Eugene Manet) seduto che guarda fuori dalla finestra, dove ci sono una serie di piani prospettici molto interessanti con figure femminili che passeggiano e le barche a vela sul Golfo. Un quadro straordinario per complessità ma nello stesso tempo per leggerezza nel come vengono rappresentati lo spazio e la prospettiva.

Un’altra mostra temporanea è quella di Maria Morganti.
Questa mostra, cosi come quella di Mary Heilmann, rappresentano due artiste che sono in continuità con Berthe Morisot. In particolare la Morganti è molto legata alla mia storia e a quella della Gam. Sono entrambe mostre di grande qualità e non sono state scelte in quanto donne. Inoltre, tengo a precisare che per Mary Heilmann, che è un’artista di 84 anni, si tratta della prima sua esposizione in Italia, di cui c’era un certo bisogno.
Cambiando argomento. Il 2024 è stato un anno molto importante per Torino e il suo legame con l’arte. I numeri raccontano di una crescita importante della città sotto questo punto di vista.
Torino è sempre stata un punto di riferimento della cultura in Italia e anche a livello internazionale. Qui sono nati i più importanti pensieri intorno all’arte contemporanea. Poi forse negli anni si è un po’ dimenticato questo suo ruolo. Adesso sta nascendo una nuova consapevolezza che questa città possa di nuovo ritornare quello che era. Ci sono nuovi direttori che sono arrivati in città e si sta cercando di creare una rete, un sistema per rafforzare una coscienza artistica della città.
I numeri testimoniano anche quanto i giovani si stiano interessando. Ci sono progetti della Gam per favorire questo passaggio?
Intorno a maggio prossimo ci sarà la mostra di Melotti, un’artista molto importante che dagli anni ’70 non arrivava alla Gam. Questa mostra verrà presentata insieme a quella di un’artista più giovane che si chiama Alice Cattaneo. Dunque continuiamo ad offrire a giovani artisti italiani la possibilità di esporre le loro opere e di farsi conoscere.
di Riccardo Minniti