
«Ci sono uomini che parlano delle donne, e uomini che parlano con le donne». In epoche meno mature in tema di pari opportunità, una simile risposta in materia era appannaggio di pochi illuminati. Oppure di chi, come Giovanni Agnelli, aveva il pregio di snocciolare come verità rivelate concetti che, in bocca ad altri, sarebbero sembrati stupide banalità.
Si trattava del non scontato risultato dell’incrocio tra l’altissima borghesia industriale piemontese da un lato e, dall’altro, il mix di verve toscana e americana rappresentato dalla mamma. Al secolo donna Virginia Bourbon Del Monte dei principi di San Faustino: chilometrica teoria di classe e titoli nobiliari, che non le impediva – rimasta precocemente vedova – di guidare da sola sulle colline toscane andando a trovare il suo amante Curzio Malaparte (e, tra l’altro, perdendo la vita proprio in un incidente stradale da quelle parti). Visto che tutto questo succedeva nel 1945, è facile capire perché il figlio Gianni fosse – se non altro a parole, come tra poco vedremo – molto avanti nella concezione dei rapporti con l’altro sesso…
Nato nel 1921 nei migliori agi possibili ad una famiglia di sangue non regio (ma che non a caso sarebbe diventata una dinastia regia de facto), il giovane Gianni non fu però estraneo agli aspetti più duri della vita. Rimase orfano a soli quattordici anni, quando il padre Edoardo venne praticamente decapitato, subito dopo l’ammaraggio, dall’elica dell’idrovolante con cui aveva volato da Forte dei Marmi a Genova. Primogenito maschio, dovette far da padre a fratelli e sorelle: certo con tutti gli aiuti possibili, ma anche con l’ingombrante figura del nonno – ed omonimo -, che tenne salde nelle sue mani le redini della Fiat senza rinunciare ad asperrime e penose battaglie legali con la nuora/vedova per il controllo dei figli/nipoti, fin quando il senatore Giovanni e donna Virginia morirono (nel 1945, come già accennato a proposito di quest’ultima) a pochi mesi di distanza. A quel punto, l’ormai ventiquattrenne Gianni davvero assumerà il ruolo di capofamiglia, esercitato peraltro senza rinunciare a un crescente ruolo di viveur a livello europeo, resogli possibile dall’aver… “sbolognato” le redini della Fiat a Vittorio Valletta, che a più a riprese avrà a lamentarsi della latitanza dell’erede della dinastia dalle vicende aziendali proprio negli anni della motorizzazione di massa.
Tale latitanza veniva spesa da Giovanni nei migliori salotti del continente, attraverso un rapporto con l’altro sesso un po’ diverso dai nobili principî ricordati in apertura… Tra una Jackie Kennedy di qua e una Grace Kelly di là, anche qualche fanciulla troppo giovane, come la minorenne che si trovava in auto con lui – pare non esattamente per “parlare con le donne”… – quando, il 22 agosto 1952, il 31enne Agnelli uscì di strada in Costa Azzurra fracassandosi una gamba e guadagnando la caratteristica zoppia che lo accompagnerà per tutta la vita unitamente a una serie di altri malanni, causati anche – pare – dall’assunzione di cocaina. L’incidente del 1952 fu anche la prova generale del controllo familiare sui media: neppure Nice Matin diede notizia di un incidente così clamoroso per dinamica e protagonista; figuriamoci La Stampa. Una Stampa che, non a caso comprata dal nonno ed omonimo per metterla a tacere a proposito delle manovre borsistiche illecite della Fiat, diverrà la più fedele custode di segreti e verità ufficiali della vera Royal Family all’italiana: come quando eviterà di parlare di suicidio a proposito della strana morte in una clinica svizzera di Giorgio Agnelli, fratello di Gianni e affetto da una malattia mentale; come quando definirà «vampate di teppaglia» gli scioperi e le manifestazioni sindacali dei lavoratori dell’Azienda di famiglia; e come quando – ancora nel 2000 – di nuovo eviterà di parlare di suicidio a proposito del figlio di Gianni Agnelli – Edoardo, tanto per cambiare -, ennesimo interprete di quella corrente disgraziata e negletta che accomunava il clan degli Agnelli e il clan dei Kennedy, non a caso in ottimi rapporti fra di loro.
Nel 1966, con il pensionamento di Valletta, il 45enne Gianni non poté esimersi dal prendere finalmente in mano le redini della Fiat. Al suo posto, chiunque altro avrebbe prima fatto la figura del «figlio di papà» libertino e scialacquatore, poi avrebbe mandato in rovina l’azienda. Nel caso di Gianni Agnelli – noblesse oblige – le cose andarono diversamente sotto entrambi i punti di vista. Va del resto dato atto che, prima di darsi alla bella vita in un’Europa che risorgeva dalla Guerra, era stato spedito dal nonno a fare la campagna di Russia (anche qui con numerosi privilegi, cui però il Generale Inverno era di certo insensibile…); e che comunque, nel caso di un Avvocato che in realtà non era affatto tale, il concetto di piacere e il concetto di dovere sapevano intrecciarsi in maniera assolutamente originale e proficua.
Che cosa si sarebbe detto di qualcun altro della di Lui condizione sociale, se si fosse presentato allo stadio guidando la propria automobile e indossando una spartana giacca a vento blu…? Lasciando ai posteri tale ardua sentenza, ci troviamo a parlare della Signora preferita da quel donnaiolo impenitente proprio in un momento in cui la Signora medesima pare più che mai lontana dal proverbiale «Stile Juventus»: abbandonata dal nipote dell’Avvocato (Andrea); perseguita da giudici sportivi e giudici ordinari; penalizzata in classifica; affaticata sul terreno di gioco. Parlando oggi di Agnelli alla radio, ci siamo domandati che cosa avrebbe detto lui di una simile situazione; ma abbiamo eluso tale domanda retorica statuendo che, vivo lui, nulla di tutto ciò sarebbe potuto accadere. Idem dicasi per uno stabilimento di Mirafiori ormai svuotato delle stanze del potere della Fiat, trasferito all’estero passando per un sodalizio coi francesi orchestrato dal suo nipote prediletto (John). Dalla Francia, Gianni Agnelli aveva pescato per due soldi un certo Michel Platini; nelle stesse settimane, un certo Zbigniew Boniek scavalcava un’ancor robusta Cortina di Ferro nel quadro delle intese col governo polacco per impiantare il primo stabilimento Fiat in Polonia. Tempi nei quali la Fiat colonizzava, e non veniva colonizzata; nei quali la Juve dettava legge, e non veniva penalizzata. Si consoli l’Avvocato, assistendo in tribuna d’onore all’eterno incontro tra Maradona e Pelé.
Roberto Codebò
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