Il mare e le colline di Bolgheri al Museo del Risorgimento


Un territorio ricco di vita e di prestigio, presentato alla Torino del vino dalla Provinciale Bolgherese.

La zona vitivinicola di Bolgheri deve fama e fortuna a due uomini con origini lontane. Quella parte della provincia di Livorno, stretta tra il mar Tirreno e le colline, non aveva mai dato vita a vini pregiati fino all’arrivo del marchese Mario Incisa della Rocchetta. Per metà piemontese e per metà romano Mario sposa Clarice della Gherardesca ed entra a far parte della Tenuta di Bolgheri. Si deve a lui l’intuizione di impiantare cloni di Cabernet in quel terroir, durante la seconda guerra mondiale.

L’altro personaggio che ha costruito la storia del Bolgheri è l’inventore del Sassicaia, Giacomo Tachis. Enologo di Poirino al servizio di Antinori, è lui l’artefice di quell’uvaggio bordolese che vede la luce con la vendemmia 1968 e che si afferma in tutto il mondo grazie alle recensioni di Luigi Veronelli e Robert Parker.

Nessuno di loro era livornese, come non lo sono i primi imprenditori che hanno investito nella zona sulla scia del Sassicaia. Pensiamo a Piermario Meletti Cavallari, bergamasco ideatore del Podere Grattamacco; a Michele Satta, varesino autore del Marianova e del Piastraia; ai vari rami Antinori, dai quali nascono Ornellaia e Guado al Tasso. Tra i pionieri l’unica proprietà bolgherese di spicco è Le Macchiole di Eugenio Campolmi, produttrice di quei due gioielli che rispondono al nome di Paleo e Messorio.

Oggi i rossi da blend internazionali di Bolgheri si fregiano della DOC, mentre il Sassicaia ha una sua denominazione di origine indipendente. I numeri sono moltiplicati. Gli ettari vitati sono quintuplicati, i soci del Consorzio di tutela sono passati da 7 a 60. Vedi https://www.bolgheridoc.com/

Attualmente investono a Bolgheri personaggi provenienti da ogni parte d’Italia e non solo, da Gaja ad Allegrini, da Folonari a Massimo Piccin, da Stanislaus Turnauer a Bulgheroni, da Luca Parenti a Ambrogio Cremona Ratti e si potrebbe continuare.

In occasione della presentazione della Guida Essenziale ai vini d’Italia 2022 di Daniele Cernilli abbiamo avuto l’occasione di assaggiare alcuni di quei vini mito.

laboratorio-DW-1024x498 Il mare e le colline di Bolgheri al Museo del Risorgimento

Dal millesimo 2018 abbiamo apprezzato la struttura e la potenza di un giovanissimo Grattamacco; la finezza e l’eleganza del Camarcanda; la freschezza mediterranea del Caccia al Piano; la vena speziata e balsamica di un grande Sassicaia. Dalla stessa zona e dalla medesima vendemmia abbiamo goduto dell’avvolgenza, dell’equilibrio e della lunghezza di un fantastico Paleo. Senza dimenticare che a pochi chilometri di distanza c’è la concentrazione e l’esplosività di sensazioni di un Redigaffi spaziale.

Parliamo di vini che hanno valori e costi alti, alla portata di pochi portafogli. Ma Bolgheri offre anche un campionario di aziende meno conosciute, che producono con un rapporto qualità prezzo piuttosto interessante.

La Torino Wine Week e il Salone del Vino hanno dato la possibilità ai torinesi di compiere un bel viaggio tra alcune delle realtà meno famose nel mondo del Bolgheri. Lo hanno fatto grazie alla collaborazione della Provinciale Bolgherese, enoteca con sede legale a San Benigno Canavese dedicata esclusivamente ai vini di quella denominazione. Vedi www.provincialebolgherese.com

provinciale-bolgherese-1024x498 Il mare e le colline di Bolgheri al Museo del Risorgimento

Ventisei le etichette portate in degustazione, tra le quali abbiamo selezionato quelle che ci hanno maggiormente colpito. Si tratta di tre Bolgheri Rosso e di otto Bolgheri Rosso Superiore. Seguiteci domani su queste pagine per sapere come è andata.

Fabrizio Bellone

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