Il ristorante di Monica Parola è una certezza per chi ama la carne a Torino. Il racconto di un pranzo tra la cucina di Johnny Mazzarino e la scelta dei vini di un giovanissimo Andrea Lo Russo.
Non è facile, né scontato, mangiare bene la carne a Torino. Non mancano i ristoratori che si approvvigionano da fornitori di qualità, ma spesso è la cottura che fa la differenza.
Un locale che si contraddistingue per qualità e cottura è Brace Pura.
Alle spalle di Palazzo Nuovo da alcuni anni Monica Parola guida un ristorante che ha arredato e decorato da sola, partendo quasi da zero.
Il figlio Andrea Lo Russo la affianca nella gestione e cura personalmente carta dei vini e il loro servizio in sala.
In cucina c’è Johnny Mazzarino, ventottenne canavesano di Cuorgnè, esperto conoscitore dei vari tagli di carne provenienti da tutto il mondo e delle loro diverse marezzature.
La filosofia di Brace Pura ruota attorno all’uso del forno Josper, uno strumento ingegneristico che combina la potenza del carbone con la precisione di un forno a convezione. Permette una cottura perfettamente uniforme, preserva la succosità naturale degli ingredienti ed esalta sapori e aromi.
Il forno Josper consente di raggiungere temperature elevate, mantiene un controllo preciso sulla cottura e dona una leggera affumicatura.
Carni pregiate in arrivo da tutto il mondo impreziosite da una cottura che rappresenta un perfetto connubio tra l’arte tradizionale della brace e l’innovazione culinaria. Questo il segreto di Brace Pura.
Nella mia visita sono accolto da un benvenuto dello chef con vitello tonnato cotto alla brace.
Abbinato ad una bollicina di Blanquette de Limoux risulta essere un’ottima partenza.
Il primo antipasto servito al tavolo è una lingua alla griglia cotta a bassa temperatura con le sue salse.
Una lingua molto classica, dapprima segnata in griglia, poi in forno Josper. Cottura di quattordici ore a bassa temperatura per sciogliere bene il collagene. Ad accompagnarla i due bagnetti classici, verde e rosso. Entrambe le salse ben fatte, quella rossa con bei sentori di peperone e piccante il giusto.
Andrea lo abbina all’Erbaluce di Caluso San Martìn 2020. Ci può stare.
Il secondo antipasto è midollo di stinco, battuta di Fassona, senape in grani, scorzetta di limone e germogli di piselli.
L’osso di stinco viene tagliato a metà a forma di barchetta. In mezzo c’è il midollo gratinato nel josper e sopra viene appoggiata la tartare. Una presentazione molto scenica, ma soprattutto un piatto goloso, con la battuta chiamata a pulire il grasso e la giusta untuosità del midollo. Merita il viaggio.
Qui l’Erbaluce di Caluso con la sua sola acidità non basta a contrastare la grassezza e l’opulenza della carne. Avrei preferito un rosso vivace, o con un pochino di tannino.
Come primo ci sono i plin di wagyu: sfoglia fine tirata con trentadue tuorli, ripieno di Ozaki, finito con olio ai fiori di rosmarino, garum ca’ negra, aria al parmigiano.
È un incontro tra il Piemonte ed un mondo lontano. L’Ozaki è il miglior wagyu in circolazione. I plin sono deliziosi, fini, pieni di sapore e con una sfoglia perfetta. Il finale è lievemente affumicato di rosmarino.
Bene abbinato all’Apertura 2017, il Pinot Nero di Cascina Pastori Colombo. Un vino fine e piacevole.
Poi tocca alla regina della tavola, la carne alla brace. Tre tagli di costata cotti alla brace, tre razze, tre marezzature, tre frollature.
Ci sono una chianina con marezzatura che rasenta lo zero e frollatura di sessanta giorni; una dunkel della Foresta Nera, senza frollatura, con marezzatura cinque; una wagyu snake river americana (incrocio tra black angus e wagyu), con marezzatura undici e frollatura di trenta giorni.
È divertente saltellare nei profumi e sapori delle diverse tipologie. La mia preferita è senz’altro la snake river, tenerissima e piena di gusto. Davvero eccellente.
Andrea sceglie un’etichetta friulana de La Tunella, l’Arcione 2018. Un blend di Pignolo e Schiopettino, brevemente appassiti in cassetta e lasciati ad affinare lungamente in tonneaux di rovere francese.
Un Arcione elegante e ben strutturato, con frutto e morbidezza, bei tannini e nota erbacea molto fine. Azzeccato, perfetto per la carne.
Il contorno di spinaci al mirin e sedano bianco, verdure alla brace, pannocchia con burro alle erbe fini è poco appetitoso, tranne il mais. Sulle verdure penso si debba ancora lavorare per renderle più vicine possibile alla qualità della carne.
Chiusura con un dessert affatto banale: banana Lakatan alla griglia, flambata rum e canna, gelato alla banana, briciole di frolla al latte, chips di platano.
Diverse consistenze a giocare tra loro e abbinamento perfetto con il Barbeito Madeira Rainwater Reserva medium dry. Un Madeira dolce, ma secco, che pulisce e sgrassa perfettamente il palato.
Aperto dal 2016, a due passi dalla Mole Antonelliana, Brace Pura utilizza prodotti freschi e di comprovata eccellenza, provenienti da allevamenti etici e a basso impatto ambientale.
Una scelta di qualità, ma anche un impegno responsabile verso la sostenibilità.
Aperto dal lunedì al sabato 19.30 – 23.00. Domenica chiuso. Via Roero di Cortanze 2 – Torino
Fabrizio Bellone
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